“Si è consumato un terzo del cammin del campionato e un piccolo bilancio và tracciato…” e mi scuso del paragone osceno, quasi blasfemo col riferimento al Sommo Dante. E visto che per gli impegni della nostra Nazionale, obiettivo Qatar 2022, c’è un periodo di calcio “parlato”, quale migliore occasione per fare un primo riassunto seppur sommario di questo primo scorcio di stagione… Scorrendo l’attuale classifica, sorprende e non poco, l’assenza nelle posizione di vertice, della Juventus, che dopo nove anni di assoluto dominio si era concessa un anno sabatico del quale ne aveva tratto beneficio l’Inter, tornando ad una vittoria scudettata dopo l’ormai vetusto successo del triplete di mourinhana memoria. Forse i bianconeri pensavano di risolvere i malcelati problemi della gestione Pirlo, affidandosi alla panacea Allegri. Ma i tempi e gli uomini sono cambiati e forse non basta chiamarsi solo Juventus per vincere. Una società che nelle ultime gestioni, ha fallito clamorosamente in sede di calcio mercato, rinunciando forse a cuor leggero, a chi gli garantiva un fatturato in zona gol con attivi impressionanti. E anche il reparto difensivo, è distante anni luce, da quella storica BBC, oggi appesantita dall’assenza di un dei suoi fautori, e dall’usura dell’età sempre più stancante dei restanti protagonisti. Quindi un bilancio pesantemente insufficiente per la compagine della dinastia Agnelli. Però siamo ancora lontani dal traguardo e la Juve ci ha dimostrato più volte di poter sopperire a partenze infauste, dando seguito a progressioni altrettanto impressionanti. Diversa l’aria invece che si respira all’ombra del Duomo. Dopo aver conquistato il Tricolore, l’Inter cinese ha sicuramente ridimensionato le proprie ambizioni. La vittoria è stata figlia di scelte azzeccate, anche se al pari di altrettante scelleratamente onerose dal punto di vista economico. Conte e Lukaku, senza togliere il merito ad altri, perché trattasi di gioco di squadra, sono stati sicuramente gli uomini decisivi. Il tecnico leccese per la sua grintosa ferocia con quale ha costruito la sua carriera, ed il belga per i numeri fatti registrare in una stagione anche per lui, forse irripetibile. Ma poi si è dovuto fare il conto con il bilancio e lì il giocattolo se non proprio rotto, si è ammaccato. Fuori Conte, la panchina è stata affidata ad un tecnico di non certificata esperienza in una piazza complicata come quella milanese, nota per la poco rassicurante etichetta di mangia allenatori. Sicuramente con davanti un promettente futuro, costruito su un recente e convincente passato, anche se in una zona di assoluto confort che gli ha garantito una piazza, Roma, conosciuta da lui come pochi per la sua ventennale esperienza maturata tra campo e panchina. Città che lo ha amato e coccolato, anche se alla fine, il distacco è avvenuto con modalità alquanto discutibili, lasciando qualche crepa tra chi magari si è sentito tradito. Staremo a vedere cosa riserverà la Milano nerazzurra ad Inzaghi, ma anche al progetto tecnico impoverito dalle partenze quantomeno inopportune di calciatori dal provato e notevole spessore, che garantivano fiducia e certezze a tutto l’organico. Ma se Dzeko, Correa Calhanoglu e Dumfries, saranno degni di chi è andato via, solo il campo ce lo potrà dire e solo allora capiremo se Marotta avrà avuto torto o ragione. Discorso invece agli antipodi per ciò che stà vivendo la parte rossonera di Milano. Avvio a dir poco esaltante, avvalorato dalla testa della graduatoria, seppur in condivisione con il Napoli. E qui a pesare, sono state le scelte oculate e le strategie della società, che fanno da contraltare a quelle dell’altra sponda dei Navigli. Sì è data fiducia ad un tecnico ambizioso seppur dal curriculum scarno di successi, difendendo il suo operato nei pochi momenti di difficoltà attraversati. Certo si dirà a ragione che il regresso dice di un Pioli sempre poco affidabile nei momenti topici nei campionati precedenti, tanto da avere scomodato ricorsi riconducibili alle nefaste idi di marzo del cesaricidio imperiale. E come sempre il campo ci dirà… Altresì non si può disconoscere il merito ai meneghini di aver strutturato una componente calcistica di prim’ordine, creando il cosiddetto giusto mix, tra esperienza e gioventù, foriero di calma e spregiudicatezza, che potrebbero creare davvero una miscela esplosiva dai roboanti contenuti. Il plauso và ad una dirigenza giovane e brillante, capace di sopperire a situazioni imbarazzanti, Donnarumma su tutti, con scelte mirate e risultati finora confortanti. Milan quindi che si candida tra le favorite alla vittoria finale, anche se il campionato è lungo, ma se il buongiorno si vede dal mattino…certamente si è a buon punto. E poi il Napoli, che sia questo veramente l’anno giusto? A soppesare l’attualità sembrerebbe proprio di sì. I partenopei come citato, condividono la leadership del torneo alla pari del Milan, stesso ruolino di marcia, dieci vittorie e due pareggi, con lo zero nella casella delle sconfitte. La situazione più confortante, è quella legata al numero delle reti subite, solo quattro in dodici gare di campionato. Storicamente in Italia vince la squadra che subisce meno, anche se il popolo napoletano sentendo ciò, ricorrerà a gesti apotropaici consentiti e non, scongiuri e cerimoniali del caso nel quale lo stesso popolo è maestro ineguagliabile… L’avvento di Spalletti sulla panchina biancazzurra si stà rivelando forse la mossa più azzeccata dell’ADL nazionale, alla pari di acquisti non eclatanti, Anguissa su tutti, ma con le dovute risposte fornite dal campo, come sempre giudice supremo. Il Napoli, squadra già collaudata, che aveva sfiorato di recente l’impresa di potere sfilare lo scudetto alla Juve, quella vera, fermatasi poi in maniera inspiegabile a pochi passi dal traguardo. E pure lì era un tecnico toscano, seppure d’adozione, oggi a Roma, dove proverà a fare sognare la parte di questa città che ne ha scritto la Storia. Che magari sia nel destino, che debba iniziare per S il nome del protagonista di un’impresa storica… Ad oggi le componenti sembrano essere quelle giuste. Qualità della squadra importante nella quasi totalità, impreziosita da alcune eccellenze notevoli. Ed una città, un popolo alle spalle, veicolati tutti nella stessa direzione, capaci di spingere con l’amore e con la passione che pochi altri possono vantare, alla conquista di un sogno che ha il comune denominatore con l’iniziale del suo allenatore: S… Scorrendo quello che la classifica ad oggi ci consegna, non si può non continuare a non parlare dell’Atalanta, oramai non più come sorpresa, ma come consolidata realtà nel panorama del calcio nostrano. Squadra virtuosa nel modello societario e tecnico, un po’ meno per quello che concerne i risultati. Ineccepibile la crescita esponenziale del progetto sul campo, come quello societario ed economico, conseguenza dell’abilità del suo allenatore poco simpatico ai più, e del suo presidente Percassi, abilissimo nella sua attività manageriale, e nel circondarsi di personaggi profondi conoscitori dei propri ruoli di appartenenza. E il giorno che la malinconica bacheca bergamasca sarà arricchita di qualche trofeo che accompagnerà la solitudine dell’unico presente, una coppa Italia vinta una sessantina di anni fa’, e non di Storia fatte di lusinghieri piazzamenti in campionato e parziali cammini mai finalizzati seppure in Europa, allora sì che racconteremo di un modello da prendere come esempio nella sua globalità. Comunque la Dea, è squadra ostica ed organizzata, che a fine stagione forse non si regalerà il più ambito dei traguardi, ma che certamente lotterà per ribadire un posto nell’Europa calcistica che più conta, e che negli ultimi anni, ha sempre meritatamente conquistato sul campo. E adesso eccoci a raccontare di quella che al pari a una della Juventus, si può considerare